Sono tante le rockstar che hanno preso spunto dalle opere letterarie per scrivere le proprie canzoni. Ecco qualche esempio.
È il 13 ottobre 2016 quando viene annunciato che il premio Nobel per la letteratura di quell’anno è assegnato a Bob Dylan, uno dei più influenti cantautori della storia del rock. La motivazione ufficiale recita: «Per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana». È un (mezzo) fulmine a ciel sereno e scatena una tempesta di polemiche che, tuttavia, in modo autorevole, sottolinea lo stretto legame che intercorre da sempre tra la musica e la letteratura.
Un legame spesso discusso e analizzato dagli addetti ai lavori su quanto sia lecito dare una dignità letteraria al testo di una canzone o alla produzione di un artista, che ha visto contrapporsi opinioni diverse. Al di là delle legittime posizioni di ognuno, resta comunque evidente come tantissimi artisti abbiano tratto ispirazione nel comporre i propri brani da opere letterarie, che siano romanzi o poesie.
Un elenco sterminato, di cui qui daremo solo qualche esempio per ovvi motivi di spazio.
Lo stesso Dylan, in questo caso, è emblematico. Lui stesso, nell’accettare il Nobel, si è chiesto cosa legasse i suoi brani alla letteratura e ha citato alcuni scrittori che ritiene lo abbiano influenzato: Hermann Melville con Moby Dick, Erich Maria Remarque con Niente di nuovo sul fronte occidentale, Omero con l’Odissea. Ha spiegato: «Il primo è un libro avventuroso che racconta come persone differenti reagiscono in modo diverso alla stessa esperienza; nel secondo la guerra ti fa smarrire la fiducia nel mondo, in cui svanisce la tua infanzia; nel terzo si mette in scena il viaggio con i suoi accadimenti belli e brutti».

Sono letture che lo hanno formato, ma nella sua vastissima produzione i rimandi letterari sono molteplici. A cominciare dai poeti e scrittori come Allen Ginsberg, Gregory Corso o Jack Kerouac, esponenti della cosiddetta Beat Generation, movimento culturale alternativo nato negli anni ’50 negli USA, con cui Dylan farà un tratto di strada agli esordi. Con loro, scopre la possibilità di esprimersi senza seguire rigidi schematismi e di graffiare su temi scottanti come l’allora guerra del Vietnam.
Ma tra le pieghe dei suoi brani si rintraccia anche il simbolismo di Arthur Rimbaud, la carica ribelle di William Blake, senza dimenticare l’influenza della Bibbia, che sfocerà in maniera significativa tra il 1979 e il 1981 con tre album dal forte connotato religioso, per poi allontanarsene. Insomma, tanti rimandi che s’intrecciano con la sua poetica, in un caleidoscopio sorprendente.
Rimaniamo sul suolo americano per incontrare un altro grande del rock, Bruce Springsteen, che ha spesso intrecciato la sua poetica con riferimenti letterari importanti. Primo tra tutti John Steinbeck, che ritroviamo in maniera chiara in The ghost of Tom Joad, canzone che dà il titolo anche all’album sostanzialmente acustico uscito nel 1995. Qui, come in altre occasioni lungo la sua carriera, sono descritti personaggi alle prese con le dure condizioni della vita di oggi, così come faceva l’autore di Furore alla sua epoca. Sono uomini e donne che combattono contro la recessione, le crisi industriali, il crollo delle proprie certezze, ma che talvolta provano a reagire, a rincorrere ancora il sogno americano infranto. Ma nelle liriche di Springsteen ci imbattiamo anche in altri scrittori, quegli stessi che il rocker cita in un’intervista rilasciata al New York Times nel 2014, dove rivela quali siano state le sue letture preferite: Walt Whitman con Foglie d’erba, Melville con Moby Dick (guarda caso come Dylan), Flannery O’ Connor con i suoi racconti, fino ad arrivare a un contemporaneo come Corman McCarthy e il suo La strada. Nomi che sono serviti al rocker nell’aiutarlo a dipingere quel grande affresco di vita americana che sono le sue canzoni.
Altrettanta ricca di richiami letterari è la storia di Patti Smith che, in modo significativo, aveva intrapreso il suo cammino artistico con l’intenzione di diventare una poetessa. Infatti, agli esordi, nel 1972, è protagonista a New York dei cosiddetti reading, incontri dove legge le sue prime poesie accompagnata dall’amico e futuro produttore Lanny Kaye alla chitarra elettrica, cui farà seguito la pubblicazione di alcuni libri.

Il passo, però, per arrivare alla canzone è breve e Patti Smith nel 1975 debutta con l’album Horses, che dà il via a una soddisfacente carriera nelle sette note. Si ritrovano così nei brani quelle influenze letterarie che già erano emerse nelle poesie, a cominciare da Arthur Rimbaud e i simbolisti francesi per arrivare agli scrittori della Beat Generation. Ma lei stessa cita in un’intervista al Guardian del 2019 Jean Genet, Hermann Hesse, William Blake tra i suoi favoriti.
Nella vasta mappa degli artisti in cui risuonano echi dal sapore letterario non può mancare Robert Smith, leader della band The Cure, che non ha mai taciuto la sua ammirazione per Albert Camus. Ammirazione che si è tramutata in riflessi testuali in svariate canzoni e, in particolare, in Killing an arab, brano di successo dal titolo fuorviante, dove Smith si ispira a Lo straniero, breve romanzo dello scrittore francese. Spiega il musicista: «Ho condensato le mie impressioni sui momenti chiave del racconto. È chiaro che non ha alcun significato razzista».
Altro esempio riuscito di trasposizione letteraria in musica lo offre Kate Bushcon la sua hit Wuthering heightsdel 1978 che, fin dal titolo, richiama Cime Tempestose, celebre romanzo di Emily Brontë. Sull’evocativa e potente melodia vola l’eccezionale voce dell’artista che si lascia suggestionare dai sentimenti della protagonista del libro, citandone qui e là persino alcuni passaggi.
Chi invece può vantare decine di citazioni dei suoi libri in tantissime canzoni è J.R.R. Tolkien, noto per aver “inventato” la letteratura Fantasy con opere quali Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Volumi che hanno acceso la fantasia di tanti artisti, tra cui i Led Zeppelin che nei primi anni della loro dorata avventura scrivono almeno tre brani debitori a Tolkien, ossia Ramble on, The Battle of Evermoree MistyMountain Hop. Accanto al celebre quartetto inglese si accomodano una schiera di musicist in dagli stili più disparati: Rush, Blind Guardian, Bo Hansson, Enya, Jack Bruce, Nightwish, e si potrebbe continuare, tutti ispirati dal creatore della Terra di Mezzo.
E in Italia? Anche dalle nostre parti non mancano commistioni tra letteratura e sette note.
Impossibile non citare Fabrizio De André con l’album Non al denaro, non all’amore, né al cielo, ispirato liberamente all’Antologia di Spoon River, raccolta di poesie di Edgar Lee Masters. I versi dedicati ai defunti offrono lo spunto al cantautore genovese per delineare una formidabile galleria di personaggi.

Un altro artista che si è lasciato guidare dai libri per confezionare un paio di vendutissimi album è Edoardo Bennato. Il primo disco è Burattino senza fili, ispirato al capolavoro di Collodi Le avventure di Pinocchio, dove prendono vita il celebre burattino, Mangiafuoco, la Fata Turchina, il Gatto e la Volpe sui suoni pop e rock dei brani, i quali vengono riattualizzati dal cantautore con salace ironia. Identica operazione compie con il secondo lavoro, sono solo canzonette, questa volta con le parole davanti agli occhi di un altro classico, Le avventure di Peter Pan di James Berry, il filo rosso su cui si susseguono pezzi come L’Isola che non c’è o Il rock del Capitan Uncino.
Un altro cantautore che ha disseminato di indizi letterari la sua produzione è Francesco Guccini. Basta scorrere i titoli di alcune canzoni come Don Chisciotte, Odissea, Madame Bovary, Gulliver, per avere subito chiaro quale scrittore ha dato spunto all’artista per disegnare con le note una sua storia.

Ma nella produzione di Guccini i rimandi sono tantissimi e c’è posto anche per l’America, la cui cultura ha certo esercitato su di lui un forte interesse, sia in senso positivo che critico. Ci fermiamo qui, consapevoli, come accennato in apertura, di aver appena sfiorato la superficie di un mare, quella in cui navigano musica e letteratura. Uno scambio proficuo e interessante, che molti nelle scuole adottano per far accendere nei ragazzi l’interesse per gli scrittori e le loro opere, passando per la porta delle sette note. Perché, in fondo, è sempre arte.
Fonte: Il Pepeverde, n.9, 2021