Non siamo nati per leggere. La psicologia cognitivista ce l’ha spiegato ampiamente: non siamo nati per leggere ma siamo dotati di un cervello straordinario, plastico, che ha inventato la lettura grazie alla sua capacità, come sostiene Maryanne Wolf, di stabilire nuovi collegamenti con le sue strutture preesistenti.
È successo per i nostri antenati e continua a succedere. Significa che per riuscire a decifrare la scrittura il cervello deve compiere uno sforzo fantastico e riciclare i propri circuiti neuronali. E questo richiede tempo.
«Le neuroscienze – spiega Luigi Paladin – ci aiutano a capire molte cose sul lavoro del cervello del bambino, nelle relazioni e durante la lettura. Ci dicono che fino a 6 anni i suoi neuroni lo aiutano nella lettura iconica e che solo dopo questa età – attraverso un complesso processo che Stanislas Dehaene, un altro tra i massimi scienziati cognitivi, ha definito di riciclaggio neuronale – il cervello riconverte i circuiti esistenti per sostenere le nuove competenze della lettura verbale».
Della lettura infantile Luigi Paladin, psicologo, bibliotecario, esperto in psicopedagogia della lettura è un attento e appassionato studioso. Da una vita se ne occupa cercando sempre di mettere a disposizione degli adulti che hanno a che fare con i bambini le nuove conoscenze sul lavoro che il cervello compie con la lettura, documentando e traducendo in buone pratiche educative e coerenti le più recenti teorie neuroscientifiche e le esperienze da queste avvalorate.
Una cifra che è il fulcro anche del suo nuovo lavoro, Vivere la lettura. Come legge il cervello del bambino da zero a sei anni, pubblicato dalle edizione Idest (pagine 198; 15 euro), una corposa ricerca-studio che completa un progetto sulla lettura nella prima infanzia iniziato in collaborazione con Rita Valentino Merletti attraverso Libro fammi grande e Nati sotto il segno del libro, nel solco della promozione della lettura rivolta alle famiglie che il programma «Nati per leggere» con- duce da oltre vent’anni.

Vivere la lettura, dunque. «Leggere – racconta Paladin – non è solo decifrare un testo scritto o solo guardare le figure. Né si legge solo con gli occhi. La mente fa di più. Le neuroscienze ci dicono che si tratta di un’immersione nel movimento e nell’azione. Un’esperienza profonda, complessa che coinvolge la mente e il corpo del bambino, i suoi sguardi, i movimenti, le espressioni del viso che hanno a che fare con libro che si legge e quello che il bambino stesso si costruisce. E non da ultimo un’esperienza di condivisione con l’adulto mediatore e la sua capa- cità di offrire libri e situazioni di pro- fondo coinvolgimento che consentano al bambino di entrare nel libro con tutto se stesso. Di vivere la lettura».
Gli anticipi non portano benefici reali
Spiega Paladin che
«quella da zero a sei anni è un’età d’oro, il periodo più fertile del cervello, in cui si mettono le basi del processo evolutivo, e il più importante per la nascita del lettore. Non solo perché in questo periodo il bambino passa dalla scoperta del libro oggetto al libro come strumento che rappresenta qualcosa che lo arricchisce, lo coinvolge emotivamente e lo fa star bene. Ma è anche per lui un periodo di grande libertà e creatività, in cui, libero da impegni scolastici e orari rigidi, pressioni e performance può fare le sue esplorazioni, guidate dal piacere di guardare, manipolare i libri, entrarne in contatto. È il momento in cui è rivolto più a imparare che non a essere istruito».
Tutto ciò ha una solida base scientifica: i maggiori studiosi di neuroscienze definiscono il bambino in questa età d’oro, quanto alle sue reali competenze, illetterato e iconico. «Fino a sei anni, i neuroni indispensabili per imparare a leggere e scrivere sono ancora legati al riconoscimento di ciò che il bambino vede. A quello che mi piace chiamare il grande libro di Dio, la natura, le immagini, gli oggetti, i volti. Solo dai sei anni il riciclaggio neuronale sostiene il bambino nella lettura alfabetica. Cioè leggere e scrivere. Perciò non vale la pena di anticipare in modo pressante l’insegnamento della lettura prima della scuola elementare, pensando che quello che si fa prima sarà un vantaggio successivamente. Le ricerche dimostrano che gli anticipi non portano benefici reali». Al contrario, contrarre questo periodo felice spingendo il bambino a imparare il prima possibile è controproducente. Ci sarebbe ben altro da fare per sostenere e valorizzare invece la lettura iconica e fare in modo che le capacità acquisite in questo campo non si perdano con l’ingresso nella scuola elementare, quando nel giro di pochi mesi i bambini devono imparare a leggere e scrivere.
Non dobbiamo però dimenticare che tutti siamo lettori fin dalla nascita, e che «ci sono tanti tipi di lettura che il bambino può fare, tutti legati al codice iconico e ai suoni». Il neonato legge il viso della mamma, la sua voce, e da quello apprende espressioni che parlano di emozioni. È un apprendi- stato prezioso in cui hanno un ruolo fondamentale i neuroni specchio, quelli che si attivano involontaria- mente quando eseguiamo o vediamo eseguire un’azione. «Grazie ai neuroni specchio – prosegue Luigi Paladin – quello che vedo fare non è più solo un’immagine visiva, ma diventa un’esperienza fisica come lo sbadiglio o il sorriso. Quindi se i neuroni specchio si attivano anche quando leggiamo o sentiamo leggere un testo o vediamo un’illustrazione, allora la lettura diventa qualcosa di più della sola relazione tra lettore e autore. E cioè qualcosa di vissuto, un’esperienza intensa che il bambino vive come se vi fosse dentro e la narrazione fosse dentro di lui.
È così che leggere diventa vivere il libro. Questo è tanto più vero per il lettore quando nel libro trova situazioni di incertezza e di movimento. Un’immagine in movimento entra più velocemente nel cervello: il bambino ne è attratto e l’identificazione con il protagonista è ancora più intensa. Basta pensare alla forza della dinamicità delle situazioni e dei personaggi di Richard Scarry che in auto rischiano sfracelli e in altalena si spingono ad altezze spropositate e al limite della caduta; ai bambini in continuo movimento di Helen Oxembury o alla ridda dei Mostri selvaggi di Sendak. Il lettore – continua Paladin – entra in quella situazione e prova una grande identificazione con le emozioni dei protagonisti».
La narrazione orale e scritta: l’imparamento
Il punto è che bisogna ascoltare il bambino, osservarlo mentre legge le immagini, si muove e contemporaneamente ascolta la voce e osserva le espressioni, le mani e gli occhi di chi legge per lui.
E, nel ripensare a cosa e a come leggere per lui e con lui, mettersi dal suo punto di vista, rispettare le sue capacità e la sua autonomia. Per esempio tenere conto che, per dare un senso alla storia, il bambino ha bisogno di una lettura dell’immagine più lenta di quella del testo. E che gran parte delle sue attenzioni sono rivolte a chi legge, che a sua volta diventa oggetto di lettura da parte del bambino che ascolta.
Paladin è minuzioso nel suggerire strategie che consentano di trarre benefici attingendo alle nuove frontiere delle scoperte scientifiche, dettagliato nel raccontare le esigenze percettive dei bambini a seconda dell’età, quando si propongono libri illu- strati. Il lavoro del cervello rispetto alle illustrazioni e persino alle pagine bianche, il riconoscimento delle forme piuttosto dei colori, l’attrazione per i dettagli e i meccanismi che producono sorprese perché permettono di nascondere o scoprire qualcosa, la predilezione per le facce viste di fronte, i contorni marcati, gli sfondi decisi e le figure arrotondate rispetto a quelle spigolose. Tutti elementi questi che devono andare di pari passo con l’attenzione alla relazione che s’instaura tra libro, bambino e adulto nell’esperienza del leggere e ai modi con cui il cervello reagisce nell’accogliere le storie.

Già, le storie. Quelle che ci accompagnano per tutta la vita. La narrazione, una tappa fondamentale per la crescita, un concetto chiave per costruire, conoscere, interpretare la realtà e darle un ordine. «La narrazione – spiega Luigi Paladin – non viene insegnata, la si ricava e si apprende dalla consuetudine con le storie, le fiabe e i racconti scritti e orali che si fondano su schemi narrativi. Il bambino li fa propri attraverso un processo di imparamento. Lo schema narrativo è uno schema cognitivo, utile per dare ordine alle esperienze, analizzarle e prevederne di future. Importante per imparare a mettere in connessione passato, presente e futuro, a organizzare le azioni della vita, a raccontare meglio o a capire meglio storie e racconti».
Una competenza che accompagnerà il bambino per tutta la vita e senza cui il nostro pensiero rimane corto.
Fonte: Il Pepeverde, n.12/2021