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23 Maggio 2022
Articoli

Le guerre in TV


di Ermanno Detti

«La guerra non si può umanizzare, 

si può solo abolire» 

(Einstein) 

«Prima di colonizzare altri pianeti, 

possiamo smettere di ammazzarci su questo?» 

(Scritta sul muro di un cantiere di Milano) 

Le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina fanno rabbrividire. E sono in parte simili a quelle che ho intravisto da bambino (sono nato in tempo per vedere i risultati della seconda guerra mondiale), ma debbo dire che allora i miei genitori facevano di tutto per allontanare il mio sguardo dalla visione dei morti e delle distruzioni. Era una protezione naturale. “Non guardare” mi diceva mia madre quando succedeva attorno a noi qualcosa di tragico. E io obbediente non guardavo. Approvavo anche il fatto che i miei genitori mi turassero le orecchie durante i bombardamenti. Poi la guerra l’ho conosciuta e studiata. Penso che in fondo non sono e non sono stato mai un vero pacifista: mi entusiasmai quando, nel 1959, il Che e Fidel liberarono Cuba dal tiranno Batista. Era la guerra di liberazione dall’oppressione di un capitalismo corrotto e in parte schiavista.

Col tempo ho cambiato il mio modo di concepire la guerra. Per un certo tempo ho pensato utopisticamente (ma forse non tanto) che il mondo fosse cambiato e che le guerre si potessero combattere e vincere senza armi, avevo davanti agli occhi gli esempi di Mandela e di Gandhi o anche le soluzioni diplomatiche o economiche a volte felici. Non ho invece uguali esempi di guerre che si siano concluse con la vittoria di una parte; diciamocelo, bandiere della vittoria piantate su cimiteri o su mutilazioni di corpi umani hanno un sapore amaro, che può essere addolcito solo dalla vuota retorica. Oltre a questo soffro quando i media mostrano sia a noi che ai nostri bambini i corpi dilaniati o i palazzi sventrati o gli ospedali distrutti, vorrei che mi si dicesse ancora “Non guardare”. Riguardo ai bambini, concordo in pieno con le indicazioni di Anna Oliverio Ferraris che denuncia su queste colonne l’esposizione di alcune immagini sui media (Come parlare di guerra ai bambini, pag. 25).

La guerra e le guerre continuano, il mondo non va come dovrebbe, ma è difficile cambiare il suo corso. Non ci riesce nemmeno papa Francesco, figuriamoci. In più c’è la spettacolarizzazione della guerra, una spettacolarizzazione spesso “selettiva”, se è vero che di tante guerre che affliggono senza tregua l’umanità del pianeta (più di 250 dalla seconda guerra mondiale a oggi) arrivano poche notizie e ancor meno immagini. La televisione non è un libro e non è il cinema, la televisione non si sceglie, soprattutto se una gran quantità di reti trasmette in tutti gli orari gli stessi contenuti, ampiamente corredati da immagini simili. I bambini, i ragazzi, le persone impressionabili o fragili hanno diritto all’informazione e alla conoscenza, ma in maniera protetta e corretta.

I libri, si diceva, si scelgono e se destinati ai bambini possono essere accompagnati nel modo giusto dagli adulti. Sulla guerra esistono – per tutte le età, ma in particolare per i più piccini – libri di grande bellezza che attraverso immagini, storie e metafore raccontano i conflitti senza mostrare gli orrori più scabrosi. Forse oggi si tende un po’ troppo alla “correttezza” che talvolta edulcora e appiattisce gli aspetti letterari, tuttavia questo è un discorso contraddittorio e complesso che richiede altri spazi e alcuni equilibri su cui si tornerà. Si ricorda però che per i ragazzi un po’ più grandi, in particolare tra la fine del Novecento e gli inizi del nuovo secolo, uscirono molti libri che parlavano di guerra, di olocausto, di crimini. Gli orrori della guerra o del terrorismo non erano taciuti, né edulcorati, ma riferiti come orrori appunto, dai quali sembrava nascere un bisogno naturale di evitarli per il futuro e un gran desiderio di pace.

Per riflettere su questo e altro, rimando agli articoli che corredano questo numero della nostra rivista e che da punti di vista diversi sottolineano come indugiare sulla forza di immagini o di scene cruente è mistificatorio e pericoloso, e quasi sempre oscura invece che chiarire la realtà. Mentre si attira l’attenzione sugli effetti terribili di un bombardamento, si può dimenticare un fatto altrettanto grave, come una strage o una catastrofe o un’altra guerra.



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