Il punto sulla lettura di libri negli ultimi dati pubblicati dall’Istat. A due anni dall’inizio di una pandemia, entrata con prepotenza nelle nostre vite, si notano novità nel nostro atteggiamento nei confronti dei libri. I lettori non aumentano se le persone hanno più tempo libero a disposizione: per leggere sono necessarie competenze e motivazioni, vediamo quali.
L’identikit del lettore di libri prima della pandemia
Quale era l’identikit del lettore di libri prima della pandemia? Nel 2019, in base ai dati Istat1, la quota di persone che si dedicava alla lettura di libri nel tempo libero era il 40% sul totale della popolazione di 6 anni e più2. I dati pre-pandemia confermavano tutte le disuguaglianze che da sempre caratterizzano l’universo dei lettori di libri: le quote più alte dei lettori si riscontravano tra le donne, tra la popolazione residente nel Centro-Nord e tra i laureati. I giovani, nonostante le ingenti perdite registrate nel corso degli ultimi anni, continuavano a essere il gruppo di popolazione in cui la quota di lettori era più alta. I dati del 2019 confermavano anche il profilo storicamente piuttosto debole del lettore di libri, visto il numero contenuto dei volumi letti nell’arco dell’anno: solo il 15,6% dei lettori dichiarava di aver letto 12 o più libri in un anno, mentre 4 lettori su 10 dichiaravano di aver letto al massimo un libro ogni 4 mesi3.
Il primo anno di pandemia: lettura di libri con il segno +
Nel 2020, l’anno dell’inizio della pandemia, l’emergenza che tutti abbiamo vissuto ha avuto, seppur di poco, un effetto positivo sui comportamenti di lettura. Come scrive
Marino Sinibaldi «Tra tante attività sconvolte dalla pandemia, la lettura e i libri hanno mantenuto un loro spazio solido, accessibile, rilevante»4. Infatti, in controtendenza rispetto alle attività del tempo libero svolte fuori casa fortemente penalizzate da chiusure e restrizioni, la quota complessiva di lettori di libri ha registrato un lieve aumento, attestandosi al 41,4% (+1,4 punti percentuali rispetto al 2019)5. Questa lieve crescita non ha avuto, però, alcun impatto significativo sul profilo del lettore di libri. Come nel 2019, anche nel 2020 le quote più alte di lettori si riscontrano tra le donne, la popolazione residente nel Centro-Nord, i laureati e i giovani; così come si conferma la debolezza del profilo del lettore con una quota di lettori che dichiara di aver letto 12 o più libri in un anno in linea con quella del 2019 (15,3%).


Cosa è accaduto nel 2021?
Se il primo anno di pandemia ha fatto registrare una lieve crescita della quota di lettori di libri bel tempo libero, nel 2021 la crescita si ferma e il dato si attesta al 40,8% per un totale di 23 milioni 216 mila lettori6.
Anche nel 2021 si conferma la maggiore propensione alla lettura da parte delle donne, che soprattutto nelle età tra gli 11 e i 24 anni rappresentano il pubblico più appassionato. La lettura di libri continua ad essere molto più diffusa tra le persone con livello di istruzione più elevato e, per bambini e ragazzi, nelle famiglie in cui i genitori sono lettori. Si conferma anche la geografia della lettura con le quote più alte di lettori nelle regioni del Centro-Nord, nei comuni centro delle aree metropolitane e nei comuni di maggiori dimensioni.
Le disuguaglianze della lettura
Numeri alla mano, nel 2021 la percentuale delle lettrici continua ad essere ancora 10 punti percentuali più alta di quella dei lettori (il 45,7% rispetto al 35,8%); nelle regioni del Nord la quota di lettori supera di 17 punti percentuali quella delle regioni del Mezzogiorno (il 47,3% rispetto al 30,0%) ed è quasi 15 punti più alta nei comuni centro delle aree metropolitane rispetto ai piccoli comuni (49,7% rispetto al 35,1% nei comuni fino a 2 mila abitanti). A livello territoriale da sempre fa eccezione la Sardegna che registra una quota di lettori più elevata (42,6%) rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, superando la media nazionale (40,8%).
Ma le variabili che maggiormente impattano sulla propensione alla lettura di libri sono il titolo di studio e l’età: tra i laureati di 25 anni e più la quota di lettori è 52,5 punti percentuali, più alta rispetto a quella riscontrata tra coloro che possiedono al massimo la licenza media (71,2% rispetto al 18,7%). Esistono ancora quasi 31 punti percentuali di distanza nella quota di lettori tra i ragazzi di 11-14 anni e quelli degli anziani di 75 anni e più (il 54,7% rispetto al 23,9%).
L’ analisi di più lungo periodo mostra come, al di là di piccole oscillazioni annuali che fanno registrare qualche punto in più o in meno, le disuguaglianze nella lettura negli ultimi 20 anni non sono mai diminuite, ad eccezione di quelle generazionali che invece hanno registrato nel tempo una riduzione significativa per effetto di due fattori: la diminuzione dei lettori tra i più giovani e l’aumento tra gli anziani, grazie all’invecchiamento di generazioni sempre più istruite7. Continua a essere molto contenuta la quota di lettori che dichiara di aver letto 12 o più libri in un anno (3 milioni 546 mila pari al 15,3% dei lettori) a fronte del 44% di lettori che dichiara di aver letto al massimo 3 libri.
Tirando le somme
Se la pandemia, soprattutto durante il lockdown, ha avuto un forte impatto su molte attività svolte nel tempo libero lo stesso non è accaduto per la lettura di libri.
Il confronto tra i dati rilevati nel 2019, nel 2020 e nel 2021 ci rimanda ad un mondo cristallizzato, in cui anche sollecitazioni forti e cambi radicali di stili di vita come quelli avvenuti con la pandemia hanno inciso solo in modo marginale, senza allargare, se non di poco, né la platea di chi legge nel tempo libero, né aumentare il numero di libri letti nell’arco dell’anno.
È vero che nel 2020 la quota di lettori di libri è cresciuta, ma si è trattato di una crescita tutto sommato limitata soprattutto se teniamo conto che l’indagine dell’Istat è stata realizzata tra marzo e settembre 2020, includendo dunque anche i mesi del lockdown durante i quali milioni di persone sono rimaste rinchiuse in casa con una maggiore quantità di tempo libero da ridefinire e riorganizzare.
Nonostante la mancanza di tempo libero sia sempre stata indicata come una delle principali motivazioni della non lettura8, la pandemia ha dimostrato che più tempo libero a disposizione non significa più tempo per leggere e soprattutto non significa più voglia di leggere libri. Il numero di lettori non aumenta se le persone hanno più tempo libero a disposizione, per leggere sono necessarie competenze e motivazioni che si coltivano nel tempo, e che, come molti studi confermano, affondano le loro radici nei primi anni di vita e crescono e germogliano con la scuola e dentro il contesto familiare.
La pandemia ha confermato che il libro ha un ruolo importante nella dieta culturale della popolazione che già si dedicava alla lettura. Ma nessuna rivoluzione è avvenuta tra coloro che non consideravano i libri parte integrante della loro vita.


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