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1 Ottobre 2021
Studi e ricerche

La lettura al tempo del Covid


A causa della pandemia all’inizio di marzo 2020, nel giro di pochi giorni ci siamo trovati confinati nelle nostre case, limitati negli spostamenti, impossibilitati a coltivare le relazioni sociali e con una notevole quantità di tempo libero a disposizione. In che modo è stato impiegato questo tempo ritrovato? Considerato che la mancanza di tempo libero è una delle principali cause della non lettura, il lockdown è stato l’occasione per i non lettori di iniziare a leggere libri? 

In Italia la quota dei lettori di libri nel tempo libero non è stata mai elevata. I dati Istat ci dicono che, nonostante il progressivo innalzamento del livello di istruzione della popolazione, la quota di lettori era il 40,9% nel 2001 ed è il 40% nel 2019. Ma il significato di questi due dati quasi identici a di stanza di quasi un ventennio è molto diverso non solo per le profonde trasformazioni tecnologiche, sociali, culturali che hanno caratterizzato la società in cui viviamo, ma anche perché, se andiamo a guardare la serie storica dei lettori di libri nel tempo libero, scopriamo che la stabilità è solo apparente. 

Vediamo insieme cosa è successo. 

Negli ultimi 20 anni la quota di lettori, a partire dal 40,9% del 2001, ha registrato, pur a fronte di qualche oscillazione negativa, un trend positivo fino al 2010 quando ha toccato il picco del 46,8%. Con grande soddisfazione di tutti perché, per la prima volta da quando l’Istat rileva i dati sui lettori di libri (la prima indagine risale al lontano 1957), il numero dei lettori aveva sfiorato i 26 milioni e mezzo. 

Ma a partire dal 2011, e in modo più marcato dal 2013, si osserva una lenta e inesorabile diminuzione della quota di lettori. Dal 2010 al 2016, abbiamo perso 3 milioni di lettori e ad oggi la perdita si conteggia in quasi 3 milioni e mezzo, l’equivalente di tutta la po polazione residente in Toscana. Il risultato è che in una manciata di anni siamo tornati sui livelli del 2001 perdendo i guadagni raggiunti in un ventennio.  

Il calo della lettura ha riguardato soprattutto i lettori più giovani tra i quali si è aperta una vera e propria voragine dovuta in gran parte alla migrazione sul web di un’intera generazione di ragazzi per i quali Internet e i social network sono diventati il pane quotidiano, modificando il loro modo di trascorrere il tempo libero ma anche il loro modo di relazionarsi, di informarsi e di studiare. 

Infatti, se in media tra il 2010 e il 2016 la quota complessiva di lettori è diminuita di 6,3 punti percentuali, le perdite hanno raggiunto i 14 punti percentuali tra i ragazzi di 11-14 e i 12 punti percentuali tra quelli di 15- 17 anni. Perdite ingenti si sono registrate anche tra la popolazione di 18-59 anni, anche se meno marcate rispetto e quelle registrate tra gli adolescenti, mentre la popolazione di 60 anni e più sembra non essere stata toccata dal fenomeno dilagante della disaffezione verso la lettura di libri. 

La diminuzione a livello territoriale ha interessato tutte le regioni, con una accentuazione maggiore in quelle del Centro-Sud che già registravano indici di lettura più bassi.  

Poi dal 2016 a oggi la quota di lettori è rimasta pressoché invariata: si è stabilizzata intorno al 40%, mostrando solo minime oscillazioni non significative. In poche parole la quota di lettori non è andata né su né giù, rimanendo in equilibrio quasi perfetto intorno al valore registrato nel 2001. 

Scavando dentro la stabilità complessiva dell’ultimo triennio si colgono però alcuni segnali di cambiamento: dal 2016 le femmine continuano ad arretrare, ma i maschi recuperano un po’ le perdite degli anni passati; a li vello territoriale continua la diminuzione dei lettori nel Nord del Paese, mentre si ferma il calo nel Centro Sud; gli indici di lettura diminuiscono tra la popolazione con più di 60 anni che non era stata toccata dalla crisi degli anni precedenti, ma mostrano una ripresa tra i più giovani, per i quali potrebbe aver giocato un ruolo positivo il “bonus cultura”, erogato dal Governo a partire dal 2016 attraverso la cosiddetta 18app, utilizzabile dai neomaggiorenni anche per l’acquisto di libri. 

Tuttavia questi cambiamenti non hanno intaccato le profonde differenze (di genere, generazione, territoriali e per titolo di studio) che da sempre caratterizzano il mondo dei lettori: differenze storiche che si con fermano come se fossero scolpite nella pietra.  

Così nel 2019 la percentuale delle lettrici continua a essere quasi 9 punti percentuali più alta di quella dei lettori (il 44,3% rispetto al 35,5%). Esistono ben 43 punti di distanza tra gli indici di lettura dei laureati e quelli di coloro che possiedono al massimo la licenza media (71,9% rispetto al 28,6%). La quota di lettori sfiora il 48% nelle regioni del Nord, ma si ferma al 28,3% in quelle del Sud. 

I giovani, nonostante le ingenti perdite registrate nel corso degli anni, continuano ad essere il gruppo di popolazione in cui la quota di lettori è più alta (il 56% tra gli 11-14 anni a fronte del 23,8% tra la popolazione di 75 anni e più). 

L’altrove non è l’e-book 

Nonostante negli ultimi anni si sia registrata una crescita notevole dell’offerta di e-book, non abbiamo assistito a un incremento della lettura di libri elettronici di dimensioni tali da riassorbire, se non in tutto almeno in parte, il calo dei lettori. 

Nei fatti, nessuna rivoluzione digitale e culturale è ancora avvenuta nel mondo dei lettori. Non c’è stato (almeno per ora) nessun passaggio apocalittico dall’uso di un supporto (la carta) a un altro (il digitale) bensì una disaffezione che ha portato i lettori di libri cartacei “altrove”. 

In realtà quello che si è verificato è lo spostamento dalla lettura di libri non verso gli e-book, ma verso altri consumi mediatici che si sono diffusi grazie al web. 

Nell’arco di tempo in cui la quota di lettori registrava un crollo è cambiato tutto nella nostra quotidianità. A inizio secolo non eravamo connessi a Internet “sempre e ovunque”, mentre oggi il web è il mondo in cui viviamo; è, per molti, l’ossigeno senza il quale non potremmo più vivere. 

La possibilità di avere l’accesso ad Internet sempre in tasca (o in mano) ha cambiato il nostro modo di occupare il tempo libero. 

Oggi in Italia quasi 33 milioni di persone accedono alla rete con il telefono cellulare, lo smartphone o altri dispositivi. E più della metà della popolazione usa Internet tutti i giorni, mentre nel 2001 era appena il 7,1%. Tra i giovani di 18-24 anni l’uso quotidiano di Internet supera l’86%. 

Cosa è accaduto durante il lockdown 

A causa della pandemia, l’obbligo di restare a casa ha stravolto la quotidianità di tutti noi e ha avuto un forte impatto sull’organizzazione delle nostre giornate; in particolare, il lockdownci ha restituito una porzione importante di tempo quotidiano impiegato negli spostamenti e nelle attività fuori casa. Come ha influito tutto ciò nel rapporto tra la popolazione e la lettura? 

I dati Istat ci dicono che durante il lockdownla lettura di libri, quotidiani e riviste ha accompagnato le giornate di più di 6 persone su 10 (62,6% delle persone di 18 anni e più), rappresentando la terza attività del tempo libero maggiormente praticata dopo la fruizione di tv-radio (93,6%) e i contatti telefonici/videochiamate con parenti ed amici (74,9%).

Dunque, i dati sulla lettura tout court durante la prima fase dell’emergenza sanitaria sono molti incoraggianti, ma se scendiamo nel dettaglio delle scelte di lettura della popolazione scopriamo che molto di questo interesse è stato catalizzato dai quotidiani (cartacei e online) in quanto mezzi di comunicazione fondamentali, insieme alla radio e alla tv, per informarsi degli eventi legati alla pandemia. Il 40,9% della popolazione di 18 anni e più, infatti, dichiara di averli letti in un giorno medio del lockdown, mentre è assai più bassa la quota di coloro che dichiarano di aver letto libri (26,9%) o riviste (16,5%).

Ma cerchiamo di analizzare meglio, numeri alla mano, quello che è successo. Iniziamo con la quota di lettori. Quel 26,9% della popolazione di 18 anni e più che dichiara di aver letto libri in un giorno medio del lockdown è un dato perfettamente in linea con quanto rilevato nell’ultima indagine sull’uso del tempo realizzata dall’Istat nel 2013-2014, quando non c’erano il lockdown e la pandemia a costringere le persone a rimanere chiuse in casa. 

Vanno inoltre considerate le preferenze dei lettori rispetto ai supporti. Durante il lockdown la maggioranza della popolazione ha continuato a dedicarsi alla lettura di libri cartacei (21,6%), mentre la lettura su digitale ha riguardato il 7% delle persone di 18 anni e più. In particolare, la maggior parte delle persone, in un giorno medio del lockdown,ha letto esclusivamente libri cartacei (19,9%), men tre il 5,3% solo libri su supporto digitale. Soltanto l’1,7% ha letto sia libri cartacei sia e-book/libri on line.

Da questi primi dati sembrerebbe non essersi verificata alcuna rivoluzione. 

Questo non solo rispetto alla quota complessiva di lettori, ma anche rispetto alle preferenze dei lettori tra libri di carta e libri digitali.  

La speranza che durante il lockdown l’obbligo di rimanere in casa avrebbe fatto scoprire o riscoprire la lettura a molti non lettori, così come l’idea che i lettori potessero orientarsi più facilmente verso la lettura degli e-book, non trova conferma in questi dati. In un contesto di forte apprensione e pressione psicologica, con le librerie e le biblioteche chiuse, la scarsa pro pensione delle persone a leggere e book, genitori e figli impegnati (e affogati) nella DAD, i libri non sono davvero spuntati come funghi tra le mani dei non lettori.  

D’altronde, considerato che la mancanza di tempo libero è sempre stata indicata come una delle prime motivazioni della non lettura, è stato facile fare 2+2 e pensare che con più tempo libero a disposizione sarebbe venuta a mancare una delle cause principali della lontananza della popolazione dai libri. 

In realtà il lockdown ha avvalorato l’idea che la mancanza di tempo come motivazione della non lettura va intesa più realisticamente come un indice di scarso interesse. In poche parole una mancanza di tempo mentale piuttosto che una mancanza di tempo materiale. 

In attesa dei prossimi dati sui lettori 

Tuttavia i dati a disposizione, relativi al solo periodo di lockdown, non fugano gli interrogativi su come sono cambiate le abitudini di lettura della popolazione; per capire se, a più di un anno dall’inizio della pandemia, c’è stato veramente qualche cambia mento sarà necessario aspettare i dati annuali del 2020 e poi, a seguire, quelli del 2021. Solo con questi dati alla mano potremmo capire se la “pausa pandemia” ha fidelizzato nuovi lettori. 

L’Istat a breve pubblicherà i dati riferiti al 2020 raccolti attraverso due indagini: l’indagine annuale «Aspetti della vita quotidiana» realizzata tra marzo e settembre 2020 e l’indagine «Diario» realizzata a dicembre 2020. Nell’analizzare i risultati di queste due indagini sarà fondamentale tenere conto della temporalità, cioè ricordare in quali mesi del 2020 sono state realizzate. 

Perché se il lockdown è stato un evento eccezionale che ha tenuto per due mesi milioni di persone rinchiuse in casa, i mesi successivi, in un’alternanza di aperture e chiusure più o meno stringenti, sono stati comunque decisamente particolari e ben lontani dalla normalità a cui eravamo abituati.

Cosa ci riserverà il 2021? I dubbi e le incertezze non riguardano solo l’andamento dei dati sulla lettura, ma la nostra vita. Io mi metto in attesa: attendo con fiducia il momento in cui torneremo alla normalità, in cui la pandemia sarà solo un ricordo lontano che farà parte del nostro passato.

Attendo con fiducia il momento in cui potrò tornare a scrivere sulle pagine del “Pepeverde” con la leggerezz e la spensieratezza di sempre.

Fonte: Il pepeverde, N.10 2021



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