È possibile attualizzare un genere classico e destreggiarsi all’interno di un immaginario consolidato dando vita a una storia avvincente e engagée? Pare proprio di sì.
Netflix dello scorso autunno si è imposta una pellicola divertente e ben realizzata, pensata per il target giovanile ma molto godibile per tutta la famiglia: Enola Holmes. La sceneggiatura del film è l’adattamento del primo di una serie di sei romanzi per ragazzi – The Enola Holmes misteries – pubblicati tra il 2006 e 2010 in lingua inglese da Nancy Springer. I libri in area anglosassone hanno riscosso grande successo mentre in Italia sono stati pubblicati da De Agostini solo in seguito all’uscita del film. Nello stesso periodo è stato tradotto anche l’adattamento francese in forma di graphic novel.
Il film sarebbe dovuto uscire in sala nell’estate del ’20, ma poi è stato lanciato direttamente in piattaforma a settembre a causa dell’emergenza epidemiologica. L’attesa era forte, da quando nel 2018 la protagonista, la giovanissima (classe 2004) ma già iconica Millie Bobby Brown – interprete di Stranger Things1 – dichiarò di voler produrre l’adattamento del testo di Springer, ritagliando per sé il ruolo dell’eroina.
Il personaggio di Enola si inserisce nell’ampio e consolidato immaginario di Sherlock Holmes, attingendo ad esso e ampliandolo ulteriormente (non a caso i detentori dei diritti sul l’opera di Conan Doyle hanno intentato causa contro la Springer). L’artificio narrativo escogitato per collocare Enola nella famosa cornice è interessante: mentre Sherlock e Mycroft, coerentemente con le narrazioni originali, vivono a Londra la loro vita adulta, la piccola Enola, rimasta precocemente orfana di padre, viene allevata dalla madre nella tenuta di campagna.

Al compimento del sedicesimo anno della ragazza la madre scompare misteriosamente e i due fratelli sono chiamati a occuparsi di lei. Mycroft la vorrebbe in collegio ma Enola, che ha ricevuto dalla madre un’educazione molto particolare, si ribella, si dà ripetutamente alla fuga intenzionata a ritrovare la madre e, nelle sue peripezie, incontra in modo rocambolesco un giovane marchese, anch’egli in fuga. La vicenda del film si snoda proprio intorno alle vicissitudini del marchese il quale, al pari di Enola, è chiamato ad assumere delle responsabilità e si vede costretto dalla famiglia ad un destino che rifiuta.
Il tema dell’emancipazione è il filo conduttore di tutte le linee narrative che via via si intrecciano. La storia principale è quella di Enola, che vorrebbe essere libera e indipendente, ma vediamo che questa indole è stata ispirata e incoraggiata dalla madre, donna assolutamente fuori dal comune, di grande ingegno, studiosa delle scienze e cultrice delle arti marziali e della lotta, femminista e, si scoprirà poi, attivista politica e bombarola. La madre è una donna fuori dagli schemi, criticata dal conservatore Mycroft, agli antipodi del modello vittoriano ed è interpretata da Helena Bonham Carter2.
Enola Holmes è una storia di empowerment femminile, nell’iter produttivo quanto nella vicenda narrata. Sono le donne il motore dell’azione, dalla madre che scappa per dedicarsi, in clandestinità, alla lotta politica alla nonna del marchese che tesse oscure trame. Enola sembra a un certo punto anche tentata dalla pulsione romantica nei confronti del giovane, che aiuta e salva, ma alla fine del film è la sete di indipendenza a prevalere su tutto. Le figure maschili sono sempre in secondo piano, anche quando si tratta del celeberrimo Sherlock, modello positivo per Enola ma che riesce a rapportarsi alla sorella con difficoltà, perlopiù coinvolgendola in prove ludico-investigative, pur volendole bene.

l film sviluppa problematiche anche impegnative – quali l’azione politica violento o l’estensione del diritto di voto alle classi popolari – in modo affatto banale. Sulla legittimità dell’azione armata Enola si trova contrapposta alla madre, che progetta attentati: è un conflitto difficile da elaborare, poiché Enola è cresciuta accogliendo pienamente le istanze materne e per la prima volta si trova a contrapporle una visione differente.
La ricostruzione storica, nei costumi e nelle ambientazioni, è piuttosto accurata. La regia segue un ritmo incalzante, tra frequenti colpi di scena, climax, flashback, ironiche rotture della quarta parete, con la protagonista che interloquisce con gli spettatori e ne accresce il coinvolgimento. Inserendosi nel filone del crime avventuroso, con sprazzi di commedia3, Enola Holmes è un prodotto audiovisivo di qualità, intelligente nella scrittura, che declina un paradigma teorico forte senza incorrere in una forma retorica o didascalica.
L’ ispirazione letteraria e l’articolazione del racconto lasciano supporre che la dimensione seriale non si fermerà ai romanzi ma proseguirà nei film.
Note
1 La serie Stranger Things è stata, tra il 2016 e il 2019, prodotto di punta di Netflix, pluripremiata da pubblico e critica.
2 In un gioco di citazioni audiovisive, poiché l’attrice ha più volte vestito i panni d’epoca nel corso della sua carriera.
3 Si possono riscontrare echi di Steven Spielberg e dello Sherlock di Guy Ritchie.
Fonte: Il pepeverde, n.9 2021