Il sogno di un’educazione personalizzata attraverso la tecnologia non è una novità. Per almeno un secolo, generazioni di visionari hanno previsto che molte invenzioni – dalla macchina da scrivere alla tipografia, dalla televisione al computer – avrebbero trasformato le modalità di apprendimento di bambini e ragazzi.
Sul piano didattico, nonostante alcuni successi come la Khan Academy che raggiunge milioni di studenti con le sue lezioni su YouTube, ben poco è cambiato. Tuttavia prima di oggi non si era mai verificata una situazione come quella della pandemia: scuole chiuse per mesi e milioni di studenti in tutto il mondo collegati ai computer di casa o ai tablet e smartphone, per poter continuare a seguire le lezioni a distanza. Dalle videoconferenze ai software di lezioni virtuali, l’istruzione è stata digitalizzata e l’epidemia di Covid-19 non ha fatto altro che accelerare questo processo.

Fonte: https://digitalebildungfueralle.org
Digital Literacy
La digital literacy non è, come molti la comprendono, semplicemente la capacità di saper utilizzare un computer. È un termine generico utilizzato per indicare competenze che vanno ben oltre la padronanza delle funzionalità di base degli strumenti digitali. Include la capacità di integrare le proprie conoscenze e adattarle alle piattaforme tecnologiche. La definizione tradizionale di lettura così si amplia per accogliere nuove forme di comunicazione multimediali. Come per ogni concetto relativamente nuovo, le definizioni di literacy digitale abbondano: “literacy skills” e “literacy competences”, nonché una serie di concetti simili, come new literacies media o multiliteracies. Con definizioni che si concentrano su ciò che un individuo alfabetizzato digitalmente dovrebbe essere in grado di fare ad altre che adottano una prospettiva più ampia e si concentrano su ciò che una persona è in grado di comprendere, realizzare e comunicare con i contenuti digitali.
Nel caso di bambini e ragazzi per digital literacy si intende l’insieme di conoscenze, competenze, attitudini e valori che consentono ai bambini di giocare, imparare, socializzare, prepararsi al lavoro e partecipare all’azione civica in ambienti digitali in modo sicuro e autonomo. I bambini con competenze di digital literacy dovrebbero essere in grado di usare la tecnologia, di cercare e gestire le informazioni, comunicare, collaborare, creare e condividere contenuti, costruire conoscenze e risolvere problemi in modo sicuro, critico ed etico, in modo appropriato alla loro età, alla lingua e alla cultura locale (Nascimbeni, F., & Vosloo, S., 2019, 37).
In che misura l’istruzione generale e l’educazione alla lettura digitale sono sulla strada per diventare responsabilità delle aziende private?
C’è un altro aspetto che non va dimenticato: un certo scetticismo diffuso nei confronti delle tecnologie e app destinate all’apprendimento, poiché, a differenza dei libri tradizionali, queste raccolgono molti di dati sulla persona e sul comportamento di apprendimento degli studenti e possono anche essere commercializzate. Con 850 milioni di bambini in tutto il mondo esclusi dalle scuole, ci troviamo nel bel mezzo di un esperimento senza precedenti sull’efficacia dell’apprendimento online. Il potere della tecnologia è cresciuto e con esso anche i pericoli collegati che ne derivano. Il ruolo degli attori commerciali (Google tra tutti) nel definire l’agenda della lettura digitale è una questione preoccupante, soprattutto nelle economie emergenti.
In Germania, al culmine dell’epidemia di Coronavirus, è apparsa una start-up privata, “Digitale Bildung fur Alle”, che ha presentato una proposta efficace per l’apprendimento online e per il blended learning. Insegnanti e studenti hanno utilizzato, gratuitamente per un periodo limitato, una ricca varietà di strumenti adeguati per l’insegnamento e apprendimento digitale.
Negli Stati Uniti diverse scuole secondarie hanno aderito al programma Creative Campus di Adobe, con l’obiettivo di promuovere la lettura digitale attraverso la piattaforma Creative Cloud: una suite di applicazioni e servizi digitali e un potente network tra pari per la condivisione di idee. Lavorare con questi strumenti può promuovere alcune competenze come il pensiero critico o come risolvere i problemi in modo creativo. Per esempio, il montaggio di un video comporta spesso una riflessione critica su come presentare e trasmettere informazioni e viene realizzato attraverso un processo di creazione dei contenuti di tipo partecipativo in cui gli studenti imparano anche a condividere il loro lavoro con un pubblico più ampio online.
In Cina si stanno facendo i progressi ancora più rapidi. Nuove aziende di intelligenza artificiale sono entrate nel mercato dell’istruzione privata cinese. La start-up leader nell’educazione rivolta ai bambini fino all’età di 12 anni è Squirrel Ai Learning. Offre un sistema intelligente basato su computer che si adattano automaticamente al metodo migliore per un singolo studente, in funzione delle sue conoscenze e esigenze. Offre in sintesi una sorta di tutoraggio personalizzato proposto in parte da insegnanti veri, ma principalmente da computer. Il suo fondatore Derek Haoyang Li è certo che l’istruzione, così come la conosciamo oggi, si trasformerà con la continua e maggiore disponibilità di “tutor computer” con una preparazione eccellente su ogni disciplina e una conoscenza approfondita di ogni singolo studente. Il suo sogno è che un giorno si possa realizzare l’esperienza di apprendimento perfetta: ogni studente riceve il giusto contenuto, consegnato nel modo giusto, al momento giusto in base alle esigenze individuali. Ad oggi Squirrel Ai Learning ha aperto oltre 1700 scuole, ha coinvolto circa 3.000 insegnanti, raggiunge oltre 200 città di 20 province e regioni autonome della Cina.

Fonte immagine: http://squirrelai.com/testimonials
Come possono essere le società private e non le istituzioni pubbliche responsabili dell’apprendimento di bambini e ragazzi?
Alcuni effetti delle app realizzate da enti con interesse commerciale, così come i social media, sono stati organizzati e sottolineati in “The Social Dilemma” diretto da Jeff Orlowski, un docufilm di 93 minuti che unisce interviste di vita reale e una storia romanzata sugli effetti dei social media. Tra gli intervistati ci sono ex dipendenti di Google, Facebook, Pinterest, Twitter e altri giganti di internet che parlano dei “mostri” che hanno contribuito a creare.
In questo contesto caratterizzato dalla continua evoluzione delle nuove tecnologie, la comprensione, la comunicazione, la capacità di valutazione e pensiero critico restano delle competenze chiave. Gli insegnanti e gli educatori sono dei mediatori testimonial che possono svolgere un ruolo attivo non solo nell’alfabetizzazione digitale ma anche nell’allontanare bambini e ragazzi dall’essere dei consumatori passivi e disconnessi, per renderli creatori di contenuti attivi e connessi.
Di Tiziana Mascia